Alitalia tra tre fuochi…

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Com’era prevedibile la vicenda Alitalia si trova di fronte alla sua principale contraddizione. Machiavelli avrebbe detto: “non si può essere di sollievo al Principe e innocui al popolo”. Questo è il punto.

Alitalia è un’azienda privata così come lo sono quasi tutte le grandi aziende italiane. A differenza che altrove il vezzo di tentare sempre “privatizzare gli utili e socializzare le perdite” non sembra essere ancora stato accantonato.

Quindi i soggetti in campo, come nel 900, sono tre. Non due come dovrebbe essere normalmente. Gli azionisti, il Governo e i dipendenti attraverso i sindacati che li rappresentano.

Dietro le quinte i creditori che premono per un piano che consenta loro di recuperare le risorse investite e le autorità europee che vigilano sui contenuti di un eventuale accordo che non deve configurarsi come aiuti di Stato.

Un rompicapo di difficile soluzione. Il piano industriale presentato è stato evidentemente ispirato dai creditori che, se dovessero decidere di staccare la spina, porterebbero al fallimento della società con gravi danno per loro ed a un costo, per le finanze pubbliche, non inferiore ai dieci miliardi di euro.

Questo determina la sgradevole coincidenza dei punti di forza e di debolezza di tutti i negoziatori intorno al tavolo. Ciascuno sa che può tirare la corda ma ne conosce anche il prezzo nel caso dovesse spezzarsi.

Per un negoziato è la situazione più difficile. Nessuno può permettersi di vincere ma tutti devono rispondere in modo trasparente del loro operato. L’azionista se non punta al fallimento della compagnia ma, al contrario, al rifinanziamento del debito e ad una riduzione di costi, alza il prezzo sperando di lasciare un margine di mediazione al Governo. I sindacati non possono, almeno in questa fase, non puntare ad una modifica del piano che ne sottolinei lo sforzo e il ruolo, i creditori, dal canto loro, possono fare forti pressioni ma non hanno alternative praticabili.

I fatti, ad oggi, vanno esattamente in questa direzione. Il CEO Cramer Ball ha assicurato la «piena disponibilità» a lavorare con i sindacati e il futuro Presidente Luigi Gubitosi ha confermato, a sua volta, l’impegno a fornire tutti i dettagli necessari. Le stesse dichiarazioni tranquillizzanti di Ball sulla crescita del lungo raggio e che due terzi dei tagli non sono di costo del lavoro vanno in questa direzione.

I sindacati hanno respinto la prima versione del piano dichiarando lo stato di agitazione ma hanno aderito ai tavoli tecnici con disponibilità ad entrare nel merito. il Governo, dal canto suo, si è mosso in modo corretto sgombrando il campo da ipotesi fantasiose di possibile pubblicizzazione della compagnia e assegnandosi un ruolo di facilitatore del negoziato.

Soprattutto evitando di dare giudizi sommari sul piano. Tutte queste mosse erano prevedibili e inevitabili. Il difficile viene adesso. Le carte messe sul tavolo dall’azienda sono indubbiamente insufficienti e sembrano finalizzate solo a prendere tempo. La soluzione non è nel piano presentato. In quelle determinazioni, al massimo, ci sono sono solo le precondizioni economiche, politiche e sociali.

Alitalia può essere ancora ripensata sia in chiave di alleanze continentali win win che di potenziali nuovi business legati al turismo di domani? Ma se così fosse,  i soggetti seduti a quel tavolo sono gli interlocutori autorevoli di cui ci sarebbe bisogno? Credo di no. Il punto sta qui perché solo in questo potrebbe risiedere una possibile scommessa per il suo futuro.

Purtroppo lo stesso piano strategico del turismo (2017-2022) non prevede nulla a riguardo. Quindi non c’è nulla di concreto da mettere sul tavolo del negoziato.

Per questi motivi temo che il destino di questa azienda rischia di essere già scritto: una lunga agonia in attesa di un compratore finale che sappia integrarla semplicemente con il proprio business.

Cosa che non è riuscita ad Ethiad e agli attuali soci. L’importanza della vertenza Alitalia è fuori discussione. Nessuno può permettersi che degeneri socialmente, che fallisca o che venga caricata sulle spalle di un Paese che non può permetterselo. Questo i negoziatori di entrambe le parti lo sanno benissimo. E lo sa anche il Governo.

In passato sarebbe bastato creare un nuovo carrozzone e finanziarlo all’infinito. Salvare cosi capra e cavoli. Oggi quella opzione non è praticabile. Per questo Alitalia è tra tre fuochi. E non si spegneranno da soli..

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