Confcommercio. Tigri di carta, aspiranti, delfini e tonni.

“La saggezza più grande dell’uomo è quella di saper tramontare al momento giusto”. Friedrich Nietzsche

   La corsa alla successione del Presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, che lo si voglia accettare o meno, è iniziata. La prossima modifica dello Statuto Confederale, con lo scopo di cambiare i criteri di votazione ne è la dimostrazione plastica. L’obiettivo dichiarato, neanche  tanto sottovoce, resta quello di riconfermare  l’anziano Presidente.

Il nuovo Statuto serve per non avere problemi né dissenso visibile. Tutto, come sempre, deve consumarsi all’interno del perimetro dei gruppi dirigenti. All’esterno l’immagine deve essere una e una sola: quella del Presidente.

L’idea che l’attuale numero uno possa cedere il passo ad un altro non è mai stata nelle corde dell’establishment della Confcommercio. Soprattutto nelle intenzioni dell’interessato. Il recente dibattito su “Quota 100” (però di sola età anagrafica) deve averli ulteriormente spronati.

La Confederazione di piazza Belli nel prossimo 2020 è attesa probabilmente  ad un altra votazione per acclamazione che poi è la sola che possa evitare la conta che evidenzierebbe il pur flebile  dissenso interno negli organismi dirigenti. L’unica vera votazione a scrutinio segreto a cui si è dovuto  sottoporre il presidente Sangalli negli ultimi dieci anni è stata quella della Camera di Commercio dove sono mancati 14 voti. Per i maligni un segnale forte di una parte della sua organizzazione. Ma tant’è.

Alcuni amici mi hanno chiesto se, esistono, almeno sulla carta, possibili candidati in grado di succedergli. Oppure Carlo Sangalli è costretto, di fatto, a “portare la croce” per mancanza di alternative possibili.  Leggi tutto “Confcommercio. Tigri di carta, aspiranti, delfini e tonni.”

Corpi intermedi. Verso nuovi modelli di rappresentanza?

“Follia è fare sempre la stessa cosa  aspettandosi risultati diversi.” 

Albert Einstein

L’accordo tra Confindustria e Confimprese (http://bit.ly/2WJlZl8) credo vada nella direzione giusta. È un primo passo che dimostra che c’è chi guarda avanti e chi si attarda nella contemplazione  e nella riproposizione del proprio passato.

Dietro quell’intesa ci potrebbe essere un primo tassello importante del futuro della rappresentanza. Non sarà un percorso lineare per gli interessi, a volte divergenti, che lì convergono, ma la consapevolezza che il sistema Paese deve trovare nuove sintesi nelle filiere per continuare a crescere è evidente. Da quell’accordo possono nascere molte cose. Sia sul piano dell’interlocuzione istituzionale che su quello dei nuovi modelli contrattuali e del peso della rappresentanza.

Quel ruolo avrebbe potuto essere di Confcommercio o, almeno, l’avrebbe dovuta vedere protagonista. Così non è stato per l’evidente volontà di attardarsi su atteggiamenti e visioni passatiste. Confcommercio sembra proprio non comprendere la necessità di doversi  riposizionare in una società in evoluzione cercando di interpretare sempre più le esigenze di un terziario che si ibrida con altri settori e proponendosi così come un soggetto veramente inclusivo e non di mera difesa di un vecchio modello di rappresentanza.

Ha calamitato aziende e settori nuovi diventando in questo ultimo decennio una “grossa” organizzazione. Sotto la presidenza Sangalli non è però riuscita a diventare “grande”.  Troppa paura di spiccare il volo, di mettersi in discussione e affrontare il cambiamento. Così sta inevitabilmente creando le premesse del suo declino. Leggi tutto “Corpi intermedi. Verso nuovi modelli di rappresentanza?”

Magari mancassero solo buoni politici….

No. Gli imprenditori non sono tutti uguali. Così come i manager. Continuare a ragionare per categorie, condannando o assolvendo i protagonisti nel loro insieme non serve a molto. Soprattutto quando le conseguenze del loro agire producono conseguenze diverse. Vendere come hanno fatto moti imprenditori in questi anni  e fare i rentier è ben diverso che creare nuove imprese, assumersi dei rischi, affrontare a muso duro  i mercati. Ed è purtroppo indubbio che una parte dell’imprenditoria italiana del 900 si è dileguata sia nei passaggi generazionali che alle prime difficoltà che la globalizzazione segnalava all’orizzonte.

Molti mi hanno chiesto cosa ci trovo di così stimolante nell’operazione Auchan/Conad oppure rispetto alla volontà espressa dall’AD di UNES di tentare una nuova via all’internazionalizzazione con l’insegna “Viaggiator Goloso”. Cosa mi attrae e mi intriga.

Che vi devo dire? Mi piacciono i manager come Francesco Pugliese che sanno far sognare i loro imprenditori e imprenditori come Marco Brunelli che lasciano sognare i loro manager come Mario Gasbarrino. O come Giovanbattista Carosi di Mondo Convenienza che pensa a managerializzare la sua impresa e a proiettarla verso i mercati esteri.

Io mi occupo principalmente di Grande Distribuzione. Osservo un settore chiuso in un egoismo di insegna spesso concentrato sul breve, sul fatturato e sui costi, che ha colpito la maggior parte delle imprese del settore, anche le più performanti, mentre ammiro e invito a riflettere su quelle che inseguono sogni e lanciano il cuore  oltre l’ostacolo. Leggi tutto “Magari mancassero solo buoni politici….”

Auchan/Carrefour/Conad. Culture imprenditoriali e manageriali al bivio..

Auchan si è sempre considerata un’altra cosa. Durante il rinnovo del penultimo CCNL dei dirigenti del terziario  il loro rappresentante ha preteso dal sottoscritto, allora capo delegazione,  di mantenere la loro esclusione dagli istituti della bilateralità già ottenuta nei rinnovi precedenti. Anche Esselunga e altre aziende della GDO erano schierate su quella posizione ma senza arroganza.

Nella Grande Distribuzione  (che continua tutt’ora ad applicare il CCNL dei dirigenti del terziario firmato  da Confcommercio) c’è sempre stata un’avversione alla bilateralità in generale. Una impostazione culturale e politica che ha sempre considerato il sindacato (compreso quello dei dirigenti) un interlocutore negativo o non necessario. E, la bilateralità stessa, un orpello inutile e costoso.

Ricordo l’espressione radiosa del rappresentante di Auchan. Escludere i propri dirigenti dal  diritto soggettivo alla formazione e da parte del welfare contrattuale era, per quell’azienda, un grande successo. Già lì si poteva capire il livello culturale e valoriale di quel Gruppo che pretendeva di affrontare le dinamiche di un Paese con la mentalità di un’azienda. Seppure di grande dimensione. La convinzione della loro autosufficienza spinta all’eccesso.

L’idea che la vita professionale dei propri manager fosse destinata a restare dentro un perimetro definito in modo tale da far loro considerare quel perimetro, il mondo.  E non già uno dei mondi possibili. Convinsi Manageritalia ad accettare quella forzatura appellandomi al loro buonsenso. Meglio firmare il CCNL che discutere all’infinito di un problema culturale irrisolvibile.. Leggi tutto “Auchan/Carrefour/Conad. Culture imprenditoriali e manageriali al bivio..”

Imprese italiane e pericolose profezie negative autoavveranti..

Chissà se il sociologo Robert Merton quando ha parlato per la prima volta delle profezie negative che si auto avverano  pensava a certi sindacalisti nostrani messi di fronte  a vertenze complesse. Alcuni di loro quando devono gestire timori e tensioni, pur legittime, determinati da  avvenimenti straordinari, danno sempre l’impressione che, comunque vada, la sconfitta certa resta l’opzione prevalente. Fossero avvocati, nessuno li ingaggerebbe.

Ascoltando in TV il responsabile auto della FIOM ho avuto questa impressione. L’operazione FCA/Renault, a suo parere, è destinata comunque a finire male. È però stato così anche con Marchionne. Prima ancora con Romiti per non parlare di tutti quelli che  li hanno preceduti. Con questo approccio qualsiasi modifica dello status quo è vissuta sempre come negativa. Mi chiedo come sia possibile trovarsi in prima linea in una vertenza complessa limitandosi ad elencare ciò che tutti gli altri soggetti in campo dovrebbero fare ma dando già per certo che non lo faranno, che se lo faranno lo faranno male e quindi che l’esito non può che essere scontato e inevitabile.

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Vicenda Auchan/Conad dopo il primo incontro al MISE

Leggendo i comunicati stampa dopo l’incontro tra Auchan e Filcams Cgil, Uiltucs Uil, Fisascat Cisl, si ha l’impressione che ci sia una pesante sottovalutazione di ciò che sta avvenendo. Siamo di fronte ad un grande gruppo della GDO francese che ha deciso di lasciare il nostro Paese cedendo, ad un importante gruppo cooperativo italiano, CONAD, l’intero perimetro di sua competenza ad esclusione della Sicilia. Un fatto di un’importanza senza precedenti per l’intero comparto della GDO.

Un’operazione da far tremare i polsi a chiunque e che quindi è inevitabile che vada ponderata bene e a fondo nei tempi, nelle modalità e nelle conseguenze. E tutto questo in costanza di una crisi profonda di un format, quello degli IPER,  a cui nessuno, fino ad oggi, ha ancora trovato risposte credibili per rilanciarlo. Se mai fosse possibile. Non c’è un semplice switch da commutare.

C’è un percorso lungo, faticoso, irto di difficoltà che l’AD di Conad ha stimato in 3/5 anni. Al contrario, per una parte del sindacato, Conad sarebbe reticente perché non si è presentata immediatamente con un piano industriale dettagliato, comprensivo di risposte precise  per tutti i diciottomila dipendenti, e ricco di risposte plausibili alla crisi del format.

 Non che mi aspettassi un salto di qualità degli interlocutori sindacali  vista la partita e la posta in gioco ma, sinceramente, almeno una prova di serietà di fronte ad un avvenimento senza precedenti per l’intera categoria me lo sarei atteso.. Leggi tutto “Vicenda Auchan/Conad dopo il primo incontro al MISE”

GDO. Crisi e riorganizzazione di un comparto economico e ruolo delle parti sociali

L’esperienza dovrebbe insegnare nuovi approcci a problemi complessi ma, purtroppo, non è sempre così. Due esempi. Poche settimane fa, Confcommercio e i sindacati di categoria, hanno annunciato lo spostamento della scadenza del loro CCNL a dicembre 2019 come fosse una cosa auspicabile e scontata.

Contemporaneamente in queste ore le organizzazioni sindacali manifestano preoccupazione e annunciano presidi, scioperi e manifestazioni in vista del prossimo incontro al MISE con Auchan sul futuro, già scritto,  dell’ex colosso francese. Due avvenimenti apparentemente distanti dai quali si possono però trarre importanti indicazioni sulla stato delle relazioni sindacali e sulla necessità di imprimere un salto di qualità nell’insieme del comparto. Non solo per Confcommercio, ovviamente.

Nel primo caso il messaggio è chiaro: la chiusura del ciclo contrattuale in corso è stata caratterizzata quasi esclusivamente sul costo del lavoro con una estenuante rincorsa al ribasso tra associazioni datoriali e sindacati confederali. Le masse  salariali definite nei ben quattro contratti firmati sono risultate diverse e quindi, a posteriori, si è dovuto intervenire per modificare tranche e scadenze alla ricerca di un equilibrio che riavvicinasse i costi per le imprese che applicano i differenti CCNL. Altrimenti si sarebbero verificati consistenti esodi associativi verso i CCNL più convenienti.

Un’operazione intelligente sul piano datoriale (meno per i lavoratori del principale CCNL che si trovano a dover pagare il conto per responsabilità altrui ) che, mettendo una pezza sulle superficialità passate, segnala inevitabilmente il perimetro su cui si giocheranno i futuri rinnovi per le diverse associazioni datoriali: il costo del lavoro. Leggi tutto “GDO. Crisi e riorganizzazione di un comparto economico e ruolo delle parti sociali”

Ipermercati da ripensare? E chi lo fa?

“Chi nasce tondo non può morire quadrato”. La saggezza dei proverbi non può non farci riflettere. Chi ha una certa forma mentale, una visione, un’esperienza consolidata, difficilmente le modificherà.

Secondo questa scuola di pensiero per il format IPER progettato negli ultimi cinquant’anni è game over. Nessuna speranza. Tutto ciò di cui parliamo oggi nasce dalle  interessanti riflessioni provocatorie di Bernard Trujillo che ha tracciato i principi base di quella che oggi chiamiamo ancora la moderna distribuzione organizzata. Lavorando per NCR e vendendo registratori di cassa è stato il primo che ne ha intuito l’applicazione pratica e quindi il potenziale per il commercio.

Alla faccia dei TED odierni, l’incipit dei suoi seminari ai CEO delle grandi imprese del settore di allora era la richiesta di un minuto di silenzio alla futura memoria di chi, pur presente in sala, non era affatto consapevole che, il mutamento dello scenario competitivo, lo avrebbe cancellato dal mercato. Rude ma efficace.

Il termine “ipermercato” (hypermarché) fu inventato da Jaques Pictet nel 1966. Il primo viene aperto in Francia nel 1963 a Sainte-Genevieve-des-Bois nella periferia sud di Parigi. L’insegna? Quella di Carrefour. In Francia il leader di mercato è, da sempre, E.Leclerc con circa 600 ipermercati seguito da Carrefour con circa 250 e Auchan con 150. Seguono poi altre insegne sempre con presenze rilavanti (Casino, intermarché Hiper, Hiper U e Cora).

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Lavoro povero, salario minimo e contrattazione nazionale.

L’ultima posizione del Governo giallo verde sembrerebbe sintetizzata nella proposta di riservare il salario minimo ”solo dove oggi non esiste la contrattazione, cioè in aree residuali, mentre dove essa c’è non si potrebbe abbandonarla per rifugiarsi nel minimo di legge» e, secondo Luigi Sbarra della CISL, anche in caso di disdetta del contratto, ne resterebbe in vigore il «trattamento economico complessivo». Facile a dirsi, difficile a farsi. Impossibile da sanzionare.

Un contratto nazionale non è solo il minimo tabellare concordato. Welfare, tutele, diritti, doveri e indennità di varia natura lo completano e ne determinano il costo complessivo. Tutto questo, insieme ai contributi fiscali e previdenziali e ad altri costi indotti confluiscono nel costo del lavoro. Già applicando un qualsivoglia contratto nazionale di lavoro i costi per le imprese non sono uguali per tutti. Solo il salario da corrispondere lo è. E poco altro. Il resto è materia da tribunali.

Aggiungo che un contratto di lavoro può essere disdettato comunque. E’ sufficiente un congruo anticipo.  Vale a tutti i livelli. Nazionale, aziendale e territoriale. Nei sottosettori “poveri”, nelle realtà legate ad appalti o in crisi una disdetta di una  singola impresa comporterebbe un immediato effetto domino. 

Prendiamo, ad esempio, il caso del contratto del commercio. Da un lato esistono i cosiddetti contratti pirata facili da individuare e da eliminare. Sono l’obiettivo di Tiziano Treu. Da un altro lato, però,  esistono i contratti in dumping firmati dai sindacati confederali con le organizzazioni datoriali più rappresentative. Una sorta di “pirateria legalizzata” e concordata tra soggetti, a loro dire, assolutamente  rappresentativi. Leggi tutto “Lavoro povero, salario minimo e contrattazione nazionale.”

Domeniche, fatturati e occupazione nella Grande Distribuzione

L’occupazione e i fatturati nella Grande Distribuzione in senso lato, dalle liberalizzazioni montiane ad oggi, sono aumentati. Chi dice il contrario non sa di cosa parla. Sembrerebbe logico affermarlo ma così non è, ad esempio, per una parte dei  sindacati di categoria che, ciclicamente, elencano dati assolutamente strumentali per poter tentare di sostenere la tesi abolizionista.

Innanzitutto non va sottovalutato che, la loro difficoltà di lettura del contesto è data dalla conoscenza parziale del comparto complessivo (circa 200 mila occupati su un bacino di oltre 600 mila compreso l’indotto in termini di industria, servizi, piccoli imprenditori, trasporti e logistica). E ovviamente questa tesi è avallata da tutti coloro che pensano che un ritorno al passato sia auspicabile e magari senza alcun costo per gli occupati. Dovrebbe essere sufficiente  la matematica per smontare le semplificazioni sui numeri del  lavoro domenicale e festivo ma per ulteriore chiarezza ritorniamo di nuovo sull’argomento.

I due Decreti del Governo Monti, ormai noti come salva-Italia e cresci-Italia (D.l. 201/2011, convertito nella Legge 214/2011; D.l. 1/2012, convertito nella Legge 27/2012), hanno introdotto elementi forti di liberalizzazione nel settore del commercio.  Il provvedimento di allora è importante anche perché ha messo in discussione le normative regionali sul commercio emanate nei dieci anni precedenti. Il salva-Italia, che è intervenuto sulla regolamentazione che si applica alla generalità delle imprese commerciali, ha così affrontato in modo radicale il tema della liberalizzazione.

I residui vincoli che limitavano la concorrenza, quelli rimasti dopo gli interventi, prima, della riforma del settore del 1998 e, poi, per effetto del D.Lgs. Bersani del 2006, sono stati eliminati. Da quella data e in forza di quei provvedimenti legislativi gli ingenti investimenti hanno interessato quasi tutti i settori che fanno riferimento a quella che, genericamente, viene chiamata Grande Distribuzione. Leggi tutto “Domeniche, fatturati e occupazione nella Grande Distribuzione”