No. Gli imprenditori non sono tutti uguali. Così come i manager. Continuare a ragionare per categorie, condannando o assolvendo i protagonisti nel loro insieme non serve a molto. Soprattutto quando le conseguenze del loro agire producono conseguenze diverse. Vendere come hanno fatto moti imprenditori in questi anni e fare i rentier è ben diverso che creare nuove imprese, assumersi dei rischi, affrontare a muso duro i mercati. Ed è purtroppo indubbio che una parte dell’imprenditoria italiana del 900 si è dileguata sia nei passaggi generazionali che alle prime difficoltà che la globalizzazione segnalava all’orizzonte.
Molti mi hanno chiesto cosa ci trovo di così stimolante nell’operazione Auchan/Conad oppure rispetto alla volontà espressa dall’AD di UNES di tentare una nuova via all’internazionalizzazione con l’insegna “Viaggiator Goloso”. Cosa mi attrae e mi intriga.
Che vi devo dire? Mi piacciono i manager come Francesco Pugliese che sanno far sognare i loro imprenditori e imprenditori come Marco Brunelli che lasciano sognare i loro manager come Mario Gasbarrino. O come Giovanbattista Carosi di Mondo Convenienza che pensa a managerializzare la sua impresa e a proiettarla verso i mercati esteri.
Io mi occupo principalmente di Grande Distribuzione. Osservo un settore chiuso in un egoismo di insegna spesso concentrato sul breve, sul fatturato e sui costi, che ha colpito la maggior parte delle imprese del settore, anche le più performanti, mentre ammiro e invito a riflettere su quelle che inseguono sogni e lanciano il cuore oltre l’ostacolo.
Tra fabbriche che vengono chiuse o delocalizzate e imprenditori italiani che scelgono la rendita passando la mano, non si può non scommettere su chi rischia in proprio in momenti come questi. Il nostro Paese ha bisogno di imprenditori e manager che credono nel proprio lavoro, che sanno far sognare le proprie squadre.
Carlo Argiolas, solo per citare un socio Conad che a Cagliari gestisce l’ex iper acquisito a suo tempo da Billa e che, pur ammettendo con trasparenza di non avere ancora raggiunto i suoi obiettivi, si sente orgoglioso, e lo si percepisce anche dai suoi tweet, di sentirsi a bordo dell’operazione Auchan. Questo conta. Sa che deve accelerare, impegnarsi di più magari rinunciando al sonno qualche notte ma percepisce che la traiettoria è quella giusta. E sa coinvolgere i sui collaboratori.
Cosa sarebbe stata la GDO italiana e il Made in italy alimentare se i suoi grandi vecchi (Caprotti, Brunelli, Panizza, Bastianello, solo per citarne alcuni) avessero saputo remare insieme con i big dell’industria alimentare e con il primario? Altro che italian sounding a scoppio ritardato…
Parafrasando il vecchio proverbio keniota hanno preferito correre da soli per vincere ciascuno a casa propria piuttosto che andare lontano insieme. Ma oggi la corsa è finita. Un po’ per tutti. Sono stati tutti bravi, ci mancherebbe, hanno costruito qualcosa di unico ma in scala ridotta. Troppo piccoli, oggi, per competere ad armi pari con i giganti della rete, troppo grandi, ciascuno a casa propria, per provare a condividere una strategia comune.
Ricordo che diversi anni fa, con l’ironia che lo contraddistingueva, Bernardo Caprotti, rispondendo ad una lettera di Carlo Sangalli che lo invitava a mantenere aperto un canale di dialogo con Confcommercio, replicava concludendo la sua risposta con un ringraziamento particolare al Presidente confederale in relazione al duro contrasto che la sua organizzazione aveva messo in campo contro lo sviluppo della GDO e di Esselunga in particolare.
Questo perché, oltre ad avergli impedito una crescita sufficientemente rapida, lo aveva altresì costretto a concentrarsi sullo sviluppo in Italia e quindi a non avventurarsi all’estero. E di questo lo ringraziava convintamente. Concetto ribadito da Giuseppe Caprotti a Oscar Giannino in un incontro avvenuto nei primi anni 90. Meglio primi in casa propria.
Purtroppo la mancanza di concentrazione e quindi di massa critica sufficiente costringe ognuno a difendersi e a progettare risposte tattiche in una situazione di oggettiva debolezza. C’è chi lo ha già capito e chi no.
Per tutte queste ragioni seguo chi va controcorrente. Chi non osserva solo la resa al metro quadro o taglia i costi di più o meglio degli altri. E poi magari si appresta a vendere l’azienda.
Seguo con maggiore interesse chi sa alzare lo sguardo oltre il proprio recinto. Su di loro e su quello che hanno in mente mi sento di scommettere.