Cosa pensano della Grande Distribuzione in buona parte delle istituzioni politiche europee e nazionali risente di due pregiudizi radicati. Innanzitutto, anche grazie all’azione delle lobby contrarie, la GDO è ritenuta l’attore “cattivo” dell’intera filiera agroalimentare che strozza l’agricoltura anche attraverso pratiche sleali. In secondo luogo perché viene spesso associata al cosiddetto “lavoro povero” (poco qualificato, precario, con contratti di lavoro atipici e una forte incidenza di part-time involontario, molto spesso femminile). E questo non vale solo per il nostro Paese.
Di questi tempi, poi, sono tutti convinti che la GDO stia facendo un sacco di soldi. Difficile spiegare che non è vero. Né provare a far riflettere, ad esempio nel nostro Paese, sull’evoluzione dei formati, le riorganizzazioni e le concentrazioni necessarie, le conseguenze sui modelli di consumo sulla quantità e qualità dell’occupazione che queste comportano.
L’insistenza sulle chiusure festive, l’isolamento dei reparti no food, le limitazioni al movimento tra comuni e regioni sono solo la punta dell’iceberg di una pregiudizio che ha radici più profonde in una parte del mondo politico tradizionale e di parte dei media nei confronti dei luoghi di consumo. L’idea stessa di spostare dal lavoro ai consumi il peso fiscale (il cosiddetto tax shift) fa parte di questo filone culturale. Come quello di pretendere di decidere a monte e in sede politica, ciò che è indispensabile, utile e necessario da ciò che non lo è nell’esercizio di una attività economica e, addirittura, di come dovrebbe essere organizzata.
E poi le web companies. Croce e delizia di un cambiamento epocale in corso che però operano con regole e regimi molto meno stringenti e diversi del resto del commercio tradizionale o moderno che sia. Infine il mondo delle botteghe più o meno cresciute che sembravano resistenti ad ogni avversità ma contemporaneamente fragili e facili da mettere in un angolo quando la situazione lo richiede. Come dimostra l’attuale situazione. Leggi tutto “Grande distribuzione. Innovazione e cambiamento passano anche dall’Europa”