Grande distribuzione. Il discount Penny in Germania aumenta i prezzi per una settimana in difesa dell’ambiente.

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Mentre in tutta Europa si formalizzano accordi per ridurre l’impatto dell’inflazione sulla spesa delle famiglie, soprattutto con i redditi più bassi, in Germania un’azienda, parte di un grande gruppo GDO presente in tutta Europa, lancia qualcosa di più di una provocazione.  Un forte segnale di riflessione collettiva  che guarda al futuro.  Dei tre discount tedeschi di rango Penny  è forse il meno noto. Vanta 3000 punti vendita in Europa e, in Italia, nasce nel 1994 in compartecipazione con Esselunga. Oggi PENNY, nel nostro Paese,  ha circa 400 punti vendita,  7 centri di distribuzione e  oltre 4.200 collaboratori.  Nel 1999 Esselunga esce dal capitale di Penny Market Italia e la società passa sotto il controllo totale del gruppo REWE (Gruppo nel quale ho avuto la fortuna di lavorare per molti anni). A partire dal 2000 inizia una  politica di espansione con l’acquisto di una cinquantina di punti vendita di dimensioni medio-piccole dalla Plus Italia, situati in Liguria, Toscana e Umbria. Alla fine del 2014, il logo aziendale cambia nel resto d’Europa,  Dal 14 aprile 2022, anche in Italia il logo “PENNY.” sostituisce la vecchia insegna Penny Market.

Balza oggi alle cronache per un’iniziativa senza precedenti. In un esperimento che è partito ieri, lunedì 31 luglio, e che durerà una settimana in tutte le 2.150 filiali tedesche della catena, una gamma di nove prodotti, principalmente latticini e derivati della carne, verrà venduta in base al loro costo ovvero a quello che gli esperti di due università tedesche hanno ritenuto essere il loro vero costo, aggiungendo anche  il loro effetto indotto sull’ambiente. Sul  suolo, sul  clima, sull’uso dell’acqua e sulla salute. È molto più di una provocazione. Serve per far riflettere e per far crescere il livello di consapevolezza dei consumatori tedeschi. Tra tanto “green washing” che non incide in profondità sui comportamenti agiti, Penny alza l’asticella. I veri costi sono stati calcolati in collaborazione con l’Università di Norimberga e di Greifswald, tenendo conto di tutti i danni ambientali causati dalla produzione di quegli  alimenti specifici. Ciò include l’impatto sul suolo, sull’acqua, sulle emissioni e altro ancora. Il reddito aggiuntivo derivante dagli aumenti dei prezzi di quella settimana sarà ristornato a progetti ambientali locali. Il risultato  è però un forte aumento del costo di alcuni prodotti di origine animale.

“Vediamo molti nostri clienti soffrire per i prezzi dei prodotti alimentari aumentati a causa dell’inflazione. Tuttavia abbiamo voluto dare un messaggio ancora più scomodo. I prezzi del cibo che vendiamo, che si sommano  lungo la filiera di approvvigionamento, non riflettono i costi ambientali. Vogliamo così contribuire a creare una diversa consapevolezza con la campagna nazionale sui veri costi”, ha detto Stefan Görgens, COO di PENNY, in conferenza stampa.

La campagna che durerà una sola settimana (www.penny.de/wahrekosten) ha l’unico  scopo di aumentare la consapevolezza dell’impatto ambientale sulla  produzione alimentare. Attualmente, le industrie della carne e dei prodotti lattiero-caseari in Germania  ricevono sussidi governativi e agevolazioni fiscali che aiutano a rendere i loro prodotti meno costosi al consumatore.  Contemporaneamente altre iniziative sono in campo a livello europeo per  chiedere di dirottare questi sussidi verso  prodotti proteici alternativi per aiutare a contrastare  il cambiamento climatico. Posizioni difficilmente conciliabili. Nel frattempo, organizzazioni come il Danish Climate Council e la UK Health Alliance on Climate Change hanno chiesto di tassare carne e latticini per ridurne i consumi.

“L’inflazione nell’ultimo anno ha dimostrato che i prodotti a base animale stanno diventando più costosi. “La campagna di PENNY mostra  che quei prodotti dovrebbero in realtà costare ancora di più se si tenesse conto dei costi ambientali”, ha affermato Martin Ranninger, co-direttore del marchio vegano e vegetariano V-Label. “Naturalmente, i prezzi dei prodotti vegani e vegetariani sono aumentati meno dei corrispettivi di origine animale a causa del loro minore impatto ambientale”. La campagna “wahre Kosten” o “costi reali” ha visto il prezzo delle wurstel salire da 3,19 euro a 6,01 euro, la mozzarella salire del 74% a 1,55 euro e lo yogurt alla frutta del 31% da 1,19 euro a 1,56 euro.

La settimana di “promozione della consapevolezza” si svolge in collaborazione con accademici dell’Istituto di tecnologia di Norimberga e dell’Università di Greifswald, ed è stata innescata dalla convinzione tra i ricercatori che i cartellini dei prezzi nei supermercati non riflettano in alcun modo i veri costi ambientali o sanitari a lungo termine. Sono inclusi una gamma di alimenti, dal formaggio e altri latticini alle carni lavorate come le salsicce, nonché sostituti della carne vegani come le cotolette vegane (a cui è stato dato un moderato aumento del 5%).

Per quanto riguarda il formaggio, gli scienziati hanno calcolato costi nascosti di 85 centesimi per le emissioni dannose per il clima come metano e CO2, oltre a 76 centesimi per i danni al suolo da agricoltura intensiva e produzione di mangimi per animali, 63 centesimi per l’effetto dei pesticidi utilizzati, compreso il loro impatto sulla salute degli agricoltori, nonché 10 centesimi per l’inquinamento delle acque sotterranee dovuto all’uso di fertilizzanti. Il discount tedesco ha detto che donerà i proventi in eccesso ricavati dalle vendite, senza commentare eventuali contraccolpi sui profitti aziendali. I beneficiari saranno l’ente di beneficenza Zukunftsbauer o Future Farmer, che sostengono le aziende agricole a conduzione familiare nelle regioni alpine, molte delle quali stanno lottando sempre più per sopravvivere a causa di rendimenti bassi o talvolta addirittura di perdite sui loro prodotti.

Desideriamo creare consapevolezza sui costi ambientali nascosti dei generi alimentari”, ha detto ai media tedeschi il direttore operativo di Penny, Stefan Görges. “Dobbiamo diffondere lo scomodo messaggio che i prezzi dei nostri prodotti alimentari accumulati lungo la catena di approvvigionamento non riflettono in alcun modo i costi ambientali”.

La dott.ssa Amelie Michalke, ingegnere industriale ed esperta di sostenibilità dell’Università di Greifswald, nel nord della Germania, ha affermato che non è ancora possibile presentare il costo reale per la salute e l’ambiente per più di una gamma selezionata di prodotti. L’esperimento è stato quindi limitato a una piccola selezione per la quale è stato possibile fare calcoli realistici.

Mi rendo conto che in tempi di inflazione può sembrare addirittura controproducente e provocatoria una decisione di questo tipo. Soprattutto penso che in Italia provocherebbe reazioni scomposte. Trovo però abbastanza logico  che sia un discount a proporla. Non è un caso.

Che si parli di LIDL, ALDI o Penny sui temi legati la sostenibilità e all’ambiente i discount tedeschi arrivano sempre primi al traguardo per visione e lucidità nella sperimentazione di ogni iniziativa. Non può essere un caso. Quello di Penny è poco più di un modesto segnale anticipatorio dei cambiamenti di cui dovremo farci carico per il futuro del nostro pianeta. Altri cambiamenti ben più pesanti ci attendono. E non tutti piacevoli e scontati.

Oggi questa iniziativa farà sorridere gli scettici. O ci trasformerà tutti in matematici. Altro che Nutriscore. Un giorno, chi verrà dopo di noi,  forse la ricorderà come il primo segnale concreto  di una lunga serie di adattamenti che cambieranno in profondità le nostre vite e i nostri consumi.   

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