meno male che quell’ascensore si è fermato…

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I dati e il parere di molti esperti ci confermano che l’ascensore sociale si è fermato. Si discute su come farlo ripartire e le ricette non mancano. Oggi Di Vico sul Corriere se la prende sostanzialmente con le piccole imprese e con la loro incapacità di crescere. È un punto di vista. Io credo che ce ne siano anche altri. Innanzitutto se si accetta la metafora dell’ascensore sarebbe corretto accettare l’idea che, lo stesso, non è costruito per muoversi solo verso l’alto. Non è banale. Una società che prevede solo la possibilità di salire socialmente ed economicamente come indicatore qualitativo non è in grado di affrontare i cambiamenti quando questi sono profondi e di sistema. Preferisce ascoltare chi individua colpevoli negli altri (nella politica, nelle imprese, nella globalizzazione) più che chi cerca soluzioni non sempre facili e a portata di mano. In secondo luogo l’ascensore ha funzionato in Italia quando la spesa pubblica lo ha sorretto pesantemente. Si sono moltiplicati i centri di spesa, gli appalti pubblici, le cattedre universitarie, le professioni, i ruoli nella pubblica amministrazione, le consulenze, ecc. Inoltre nelle medie e grandi imprese le figure manageriali si sono espanse ben oltre la necessità concreta dei rispettivi business. Non è che la crisi e le ristrutturazioni le hanno ridotte, erano troppe e molte di esse inutili, nella fase precedente. Gli stessi schemi legislativi e contrattuali in materia di lavoro sono stati costruiti prevedendo solo la possibilità di crescita verso l’alto, a volte prevedendo l’anzianità come elemento di certificazione o automatismi di passaggio tra un livello e l’altro. Addirittura che fosse sufficiente seguire alcuni compiti per un periodo anche limitato per rivendicare uno status superiore e definitivo. In un mondo provinciale che prende in considerazione solo la sua inevitabile crescita è normale non prevedere che questa non potrà mai essere infinita. Il punto però è che nessuno si è preparato al peggio. E quindi le famiglie, i media e le istituzioni e, in ultima analisi, l’opinione pubblica in generale attende solo risposte che sblocchino, sempre verso l’alto, il meccanismo. Purtroppo quell’epoca è finita come sottolinea bene il sociologo Schizzerotto sul Corriere. Per crescere oggi occorre ben altro che attendere la volontà di sviluppo delle PMI! Innanzitutto, se parliamo di mercato del lavoro, occorrerebbe considerare, sul piano della crescita individuale, il mondo intero e non più solo il proprio Paese o, addirittura, la propria città come unico sbocco possibile. Magari con l’obiettivo di ritornare quando si è conquistata o raggiunta una certa solidità professionale e personale. In secondo luogo occorrerebbe costruire modelli nuovi di collaborazione e condivisione dei rischi nelle filiere dalla produzione al consumo. Questo imporrebbe la creazione di nuove figure manageriali nelle imprese e nelle reti che oggi non ci sono. Figure con sistemi retributivi e incentivanti profondamente diversi da oggi. E sorretti da una legislazione adeguata. In terzo luogo puntare a criteri meritocratici più spinti e ovunque che consentano ai migliori, indipendentemente dal loro ceto sociale di partenza, di emergere. Quello che penso è che è inutile far ripartire questo ascensore. È vecchio e superato. È stato creato nella prima Repubblica e sostenuto dalla spesa pubblica. Doveva servire a supportare i sogni delle generazioni post belliche e così è stato. Adesso basta. Occorrerebbe progettarne un altro dove il merito, la determinazione, la voglia di rischiare in proprio e l’ambizione personale possano davvero trovare posto. Ma soprattutto costruito per le generazioni future quindi non più legato a un concetto di crescita sociale vecchio e superato. La linea di demarcazione nel futuro si costruirà intorno al digital divide, alla padronanza delle lingue, alla cultura, al senso, alla qualità della vita e alla disponibilità alla mobilità planetaria. Gli status sociali si costruiranno e si distruggeranno più volte nella vita degli individui e delle imprese. Sapersi muovere in quel contesto farà la differenza.

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